
L’agricoltura emiliano-romagnola è alla continua ricerca di manodopera. Nel 2021 le assunzioni hanno raggiunto quota 130 mila unità, di cui la stragrande maggioranza a tempo determinato, incluso l’apprendistato e il lavoro somministrato, mentre solo 1.100 a tempo indeterminato. Il numero di attivazioni sale poi a 133 mila unità stimate nel 2022. Bisogna sottolineare che nell’ultimo quinquennio gli assunti a tempo indeterminato sono cresciuti passando dalle 910 unità del 2018 alle 1.307 del periodo ottobre 2021 settembre 2022 (fonte: elaborazione OML Agenzia regionale per il lavoro su dati Siler).
Se n’è parlato oggi a Bologna al convegno “L’agricoltura dalla manodopera alla robotopera: i profili ricercati in Emilia-Romagna”, promosso da Confagricoltura Emilia Romagna in collaborazione con Umana, fra le principali agenzie per il Lavoro in Italia, che ha presentato i risultati dell’indagine svolta in regione tra le aziende socie di Confagricoltura, più di 600 rappresentative delle varie province.
Oltre la metà delle imprese coinvolte (il 57%) prevede nuove assunzioni nei prossimi mesi, sia a tempo determinato sia a tempo indeterminato, ma fatica a reperire forza lavoro. Il 52% non trova operai agricoli specializzati, dal potatore al raccoglitore all’operatore agricolo esperto di agricoltura di precisione, ma risultano di difficile reperibilità, almeno per il 27%, pure i trattoristi o conduttori di macchine agricole anche 4.0 per semina, aratura e concimazione dei terreni.
Dall’analisi di Umana emerge che in un contesto caratterizzato dalla ricerca di competenze sempre più profilate, le aziende del settore prediligono il canale formativo degli Istituti agrari o Professionali e (per il 23% degli intervistati) cresce l’attenzione verso gli ITS-Istituti tecnici superiori.
Si evince inoltre che più del 45% del personale impiegato usa già strumenti innovativi: impianti di irrigazione e fertirrigazione per il risparmio idrico, macchine da raccolta meccanica, sistemi di automazione delle operazioni di allevamento e robot intelligenti di alimentazione e mungitura. Il 91% degli intervistati ritiene che l’impatto delle nuove tecnologie sul comparto agricolo sia quanto meno significativo ma solo il 52% dichiara di aver fatto negli ultimi 5 anni investimenti importanti in tale direzione.
I driver di crescita per il futuro? La competitività fa rima con produttività per il 29% delle aziende intervistate e con innovazione per il 28%. Ma è necessario pensare a una strategia di “industry branding” poiché la maggioranza degli intervistati (83%) afferma di non aver mai sviluppato alcuna attività con l’obiettivo di attrarre nuovi dipendenti.
Maria Raffaella Caprioglio, presidente di Umana: “Sono elementi interessanti, punti da cui partire, quelli emersi dalla ricerca che abbiamo realizzato in collaborazione con Confagricoltura Emilia Romagna, perché aprono uno scenario sul quale intervenire concretamente. L’attenzione costante al reperimento di personale nel settore che evidenzia non solo un fabbisogno quantitativo, ma anche e soprattutto qualitativo e che pone riflessioni sui canali del reclutamento utilizzati. Il tema delle competenze rimane quindi centrale insieme a quello della formazione, chiave per ridurre il mismatch di professionalità nel mercato del lavoro e importante driver per accompagnare le aziende agricole ai nuovi paradigmi dell’innovazione tecnologica. Infine, emerge ancora dall’indagine, la consapevolezza dell’importanza dell’employer branding, leva efficace per attrarre nuove forze e nuove energie in un settore fondamentale per l’economia della regione e dell’intero Paese”.
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